sabato 26 novembre 2016

Dire Glifosato è dire Monsanto?


Non si può negare l’evidenza: la sostanza attiva è un’innovazione Monsanto.  I primi studi sui coformulanti, anch’essi Monsanto. Il brevetto, sebbene ormai scaduto: Monsanto. Il più grande produttore ed esportatore al mondo: Monsanto.

Quanto pesa la firma Monsanto in questa controversia?
E’ vero, la discussione è generata da una faglia nella comunità scientifica, ma il dibattito è globale e fortemente sentito dalla società civile, come dimostrano gli innumerevoli articoli e studi, documentari, reportage, manifesti, campagne ed il processo di cross-talk fervente cui assistiamo.
Non si può sorvolare: per la sua opinabile storia, fatta di sacche buie e vicende giudiziarie, di prodotti commercializzati e poi ritirati, Monsanto è spesso accolta dai pubblici che ne conoscono la nomea, come “il male”. A volte si tratta solo di un forte pregiudizio e della voce di chi ha possibilità e volontà di farsi sentire ed agisce in un'ottica di immaginazione del futuro.

E ancora: quanta “scienza” è realmente resa pubblica?
La controversia ha riaperto una scatola nera cercando di rendere partecipi i pubblici, cosa che negli anni Settanta, all'epoca del primo brevetto, ed in chiave scientista, non era diffusa. Così accadeva che innovazioni fossero immesse sul mercato, a scatola già chiusa, senza che la società civile fosse al corrente delle evoluzioni e delle fasi di costruzione degli oggetti tecnologici; e che ora, nel lungo termine, la stessa società civile osservi (possibili) effetti di cui non comprende le cause. Effetti di cui nessuno si era curato, nella logica dell’ Hic et nunc. Effetti che ora, in un più avanzato sistema di comunicazione scienza-società che prevede il public engagement, vengono messi a fuoco ed analizzati in un'ottica di collaborazione volta non tanto a stabilire chi debba assumere le decisioni, ma su cosa queste debbano essere assunte.

La mia personale impressione è che questa scatola nera sia percepita dai pubblici come un enorme vaso di Pandora: alla luce di quanto rilevato analizzando la vicenda sembra spontaneo pensare: “chi non ha niente da nascondere, non nasconde niente”.
Quanto può oggi, a livello di coscienza civile, la percezione negativa di un colosso come Monsanto, influenzare l’opinione pubblica, la quale avrà certamente un risvolto nella chiusura della controversia?
E soprattutto: cosa è Monsanto, per l'opinione pubblica?
Monsanto: produsse e diffuse il PCB e la diossina, definitivamente dichiarati cancerogeni. Per fini economici.

Monsanto: brevettò e fornì agli U.S.A. il tristemente famoso Agente Arancio impiegato nella contestata guerra in Vietnam (1961-1971) per stanare i Vietcong. Ad oggi le aree colpite non sono ancora state bonificate e le malformazioni nei neonati sono ancora molto diffuse, sempre che le gravidanze giungano a termine.

Monsanto: condannata nel 2009 da un tribunale francese per pubblicità ingannevole, avendo indotto un contadino a ritenere il prodotto contenete glifosato totalmente innocuo, e quindi ad ammalarsi. (Estratto della sentenza: http://www.eau-et-rivieres.asso.fr/media/user/File/PDF/20070126_extrait_jugement_Monsanto.pdf )

Monsanto: capofila delle multinazionali che guidano il mercato dei pesticidi, vendendoli in pacchetto completo assieme alle sementi OGM appositamente studiate per resistervi. 

Analizzando la vicenda mediante l’Actor Network Theory di Bruno Latour, l’impressione è che Monsanto, e quindi il glifosato ed i suoi sostenitori, non siano stati in grado di procurarsi solide alleanze tra gli attori/attanti coinvolti: i coformulanti spianano la strada al principio attivo ma hanno una propria carica di tossicità, i contadini che utilizzano i prodotti sembrano sviluppare gravi malattie; la società civile esposta direttamente la sostanza idem; il terreno rimane contaminato più a lungo di quanto pubblicizzato (fino ad un mese; i prodotti agricoli trattati con glifosato risultano contaminati oltre i limiti di legge; la società civile che assume la sostanza tramite l’alimentazione ne ha paura e si oppone; la comunità scientifica è spaccata e diversi enti autorevoli producono evidenze negative; la Commissione Europea - incapace di decidere -  invocando prudenza, rimbalza la questione alle singole nazioni che in molti casi applicano il principio di precauzione; le erbacce stesse imparano lentamente a resistere al pesticidi.

Dinanzi a cotante evidenze a sfavore è tuttavia necessario ricordare che altrettante fonti autorevoli, e non solo coloro che perseguono determinati interessi economici – sebbene questi siano preminenti – reputano i fitofarmaci a base di glifosato necessari, se non indispensabili, per attuare “un’agricoltura intensiva necessaria a sfamare tutto il mondo” (citando il presidente di Agrofarma).

Ciò nonostante, ignorare la ridondanza negativa di Monsanto appare impossibile in questo momento, così come ignorare il fiorente mercato dei pesticidi, che sembrano  fondamentali per sfamare il pianeta quanto le istanze di alcuni gruppi di interesse coinvolti.  Gli interessi economici, sui quali ho sorvolato per non ampliare eccessivamente la questione, incidono infatti fortemente sull'evolversi della controversia: la Trasparent Market Research (USA) ha stimato che nel 2012 siano state vendute nel mondo 718.600 tonnellate di glifosato, di cui il 45,2% legato alla coltura di OGM. Il mercato globale dell’epoca è risultato valere 5,4 miliardi di dollari e si è stimata una crescita annua del 7,7%, legata alla crescente diffusione delle colture OGM, massimizzate in U.S.A, Brasile, Argentina, Sud Africa, India e Cina.
Certo, Monsanto non è sola: principali produttori di glifosato sono anche DowAgro e DuPOnt (USA), Nufarm (Australia), Syngenta (Svizzera), Nantong Jingsahan Agrochemical & Chemicals (Cina).

Ma è la più famosa e negativamente recepita dalla società civile.

Fonti: 





Nessun commento:

Posta un commento